Danilo Dolci

Danilo Dolci (Sesana, 28 giugno 1924 – Trappeto, 30 dicembre 1997) è stato un sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza italiano. Dal 1952 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti ed il lavoro: siffatto impegno sociale gli varrà il soprannome – rivolto in quegli anni anche ad Aldo Capitini – di “Gandhi italiano”.
Nella sua attività di animazione sociale e di lotta politica, Danilo Dolci ha sempre impiegato con coerenza e coraggio gli strumenti della nonviolenza.
Il 14 ottobre del 1952, a Trappeto, Dolci dà inizio alla prima delle sue numerose proteste nonviolente, il digiuno sul letto di Benedetto Barretta, un bambino morto per la denutrizione.
Se anche Dolci fosse morto di fame lo avrebbero sostituito, in accordo con lui, altre persone, fino a quando le istituzioni italiane non si fossero interessate alla povertà della zona. La protesta, dopo aver attirato l’attenzione della stampa, viene interrotta quando le autorità si impegnano pubblicamente ad eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di un impianto fognario.
In questa occasione si stabilisce un dialogo intenso e duraturo fra Dolci e il filosofo nonviolento Aldo Capitini.
Nel corso degli anni, intorno a Dolci si consolida una stima nazionale e internazionale.
Nel 1957 gli viene attribuito in Unione Sovietica il Premio Lenin per la pace. Lo accetta, pur dichiarando di «non essere comunista». Con i soldi del premio si costituisce a Partinico il “Centro studi e iniziative per la piena occupazione”.
Costituisce una caratteristica importante del lavoro sociale ed educativo di Dolci il suo metodo di lavoro: piuttosto che dispensare verità preconfezionate, ritiene che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati.
La sua idea di progresso valorizza la cultura e le competenze locali, il contributo di ogni collettività e ogni persona. Per questo Dolci collega la sua modalità di operare alla maieutica socratica. Il suo è un lavoro di “capacitazione” (empowerment) delle persone generalmente escluse dal potere e dalle decisioni.