Castello di Calatubo

Quando nel 1093 il conte Ruggero definì i confini della nuova diocesi di Mazara, la fortezza di Calatubo esisteva già, inclusa nel nuovo grande vescovado. Circa sessant’anni dopo, quando il geografo musulmano Edrisi descrive la Sicilia sotto il regno di Guglielmo il Buono, Calatubo è indicato come robusta fortezza e villaggio con un vasto territorio in cui si estraggono le pietre da mulino: il recente ritrovamento delle antiche cave lungo il corso del torrente Finocchio conferma questa versione.
Dopo l’abbandono del villaggio, durante il periodo della guerra antimusulmana condotta nell’isola da Federico II, il castello, cessata la sua funzione militare, venne utilizzato come masseria e controllo di un vasto feudo, con l’aggiunta di strutture sovrapposte all’impianto originario quali: magazzini, stalle e quant’altro di utile al buon funzionamento della vasta azienda agricola del feudo di Calatubo. Fino agli anni ’60, il castello era ancora in buono stato di conservazione e malgrado i pesanti interventi di ristrutturazione avessero parzialmente mutato l’aspetto originario, si erano mantenute in piedi le fabbriche. Poi l’oblio. La fortezza abbandonata divenne un ovile.
L’azione distruttiva degli animali, il terremoto del 1968 e l’assenza d’interventi condusse al crollo dei solai e infine delle murature. A ciò si aggiunse l’opera degli scavatori di frodo che s’intensificò nell’area intorno al castello, interessati ai reperti archeologici che venivano alla luce nell’importante necropoli scoperta lungo le propaggini della rocca e che documentava la presenza di un centro antico risalente al VII secolo a.C. Un’agonia lenta e insolita, osservata ogni giorno da migliaia di muti spettatori che, transitando lungo l’autostrada Palermo- Mazara, vedono la fortezza sbriciolarsi lentamente. Alla fine degli anni ’90, prima degli ultimi terribili crolli delle torri del fronte di accesso, un attento studio dell’architetto Di Liberto dimostrava che fra quelle mura diroccate insistevano ancora resti di strutture arabe, normanne e di tutte le epoche successive.